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L'Italia in Lambretta

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A Gennaio appena rientrati dalla Patagonia siamo stati contattati da un gruppo di giovani della nostra città con i quali ci siamo incontrati per parlare di viaggi. Per questo incontro mi ero preparato molto materiale, ma dopo aver compreso i bisogni di questi ragazzi, ho calato la discussione sui loro sogni, sui loro desideri, sulle loro paure.

Nell’incontro è emerso che per loro è semplice prendere l’aereo e farsi catapultare dall’altra parte del mondo, ma nello stesso tempo risulta loro difficile affrontare un viaggio su due ruote anche solo per pochi giorni, a meno che non lo si faccia in gruppo.

Sorridendo ci chiedevano sorpresi come fosse possibile che il venerdì prima di Natale fossimo a cena con amici in città, la domenica fossimo in Uruguay e dopo 6 giorni in sella alla nostra moto postassimo la foto davanti le colonne di Ushuaya. Per chi ha poco tempo come noi, sarebbe importante trovare la formula che permette di concretizzare questi grandi progetti.

Purtroppo formule particolari non ce ne sono. Se desideri viaggiare in moto avendo a disposizione poco tempo devi accumulare esperienza. Servono a poco i tutorial o i consigli di amici: la cosa più utile è mettersi in viaggio, consumare pneumatici su pneumatici e riempire il passaporto di timbri. Solo così ci si prepara, perché ognuno ha il suo modo di viaggiare. Non c’è un modo giusto o uno sbagliato, come non c’è una moto giusta o una sbagliata, ma c’è l’emozione comune a tutti i viaggiatori che si prova prima, durante e dopo un viaggio.

Osservando lo sguardo di un viaggiatore al suo rientro, lo noterete diverso perché dentro quegli occhi è rimasta l’espressione meravigliata di ciò che la strada gli ha regalato. Più un viaggiatore vive intensamente il viaggio e più lo assimila e lo fa suo, rimanendo indelebile nella sua mente.

Salutando i ragazzi nel parcheggio della struttura che ci aveva ospitato, ho notato che solo uno di loro era in sella ad una moto 125 cc, tutti gli altri sono tornati a casa in monopattino, bici elettrica o con il servizio pubblico. La società sta cambiando, ma quanto perderemo? È bastato trascorrere poche ore con questi giovani per comprendere che è in atto una silenziosa mutazione.

Nel frattempo rientrando a casa ho cercato di riflettere su una domanda che mi era stata posta:

Affronteresti un viaggio su una moto più piccola del tuo BMW R1200 GS Adventure?

Avevo risposto frettolosamente in modo affermativo, ma una volta a casa ho compreso che dietro quella domanda c’era qualcosa di più.

Spesso chi viaggia cavalca le proprie sicurezze viaggiando su un mezzo nuovo, oppure su una moto vecchia di cui conosce l’affidabilità. Ma come si comporterebbe un viaggiatore se ad un tratto perdesse queste sue sicurezze?

Nella discussione era emerso che un motoviaggiatore deve preparare il fisico, la mente e deve sentire la moto come fosse la prolunga del suo corpo. Sarebbe un enorme insuccesso abbandonare un viaggio perché ci si accorge di aver scelto il mezzo sbagliato. Ma tutte queste sicurezze quanto fanno bene alla mente libera e aperta di un viaggiatore? Siccome non mi nascondo dietro a tante chiacchiere e non mi faccio paranoie, l’ho voluto provare di persona.

40 giorni prima di partire ho iniziato il collaudo della mia Lambretta, restaurata nel 2012 e mai messa su strada. L’ho portata a fare la sua prima revisione e poi ho iniziato a guidarla dopo il lavoro e nei week end, percorrendo 1400 km. In questi 40 giorni ho perso viti e dadi, ho forato 3 volte, ho rotto il filtro della benzina e dopo la rottura della vite che trattiene la rondella del tamburo ho perso pure la ruota posteriore… e tanto altro ancora!

Per 4 volte in 40 giorni sono rientrato a casa con il carro attrezzi, ma ogni volta che sistemavo qualcosa sulla Lambretta mi convincevo che stesse diventando la moto perfetta per questo viaggio. Credo fermamente nei collaudi e per questo mi sono sempre spinto oltre, fino a superare i 500 km percorsi in un solo giorno con Alice. Per fortuna era un sabato e abbiamo sfruttato la domenica per riposare!

Cosa ho imparato in questi 1400 km di collaudo?

  • La giusta velocità di crociera in due con i bagagli è di 55 km/h
  • Il peso dei bagagli deve essere limitato e quindi per questo abbiamo portato con noi la borsa Ride-N-Dry di GUGLAtech
  • Bisonga risolvere i problemi delle camere d’aria, rimuovendole con una conversione tubeless
  • Ho perso tante viti e bulloni, l’unica soluzione è impiegare dadi autobloccanti o Loctite
  • Per non sporcare i getti del carburatore, dopo varie esperienze fatte con i filtri aggiuntivi in plastica, ho montato un filtro in acciaio di una Harley Davidson e utilizzato un filtro GUGLAtech da usare sulla pompa del rifornimento
  • Ho dovuto regolare la durezza della molla delle selle singole: troppo morbida mi causava un dolore alla schiena che si percepiva già dopo i primi km, troppo dura era forse peggio.
  • Per sostenere una giornata in sella alla Lambretta era necessario prevedere una sosta ogni 60–70 km, le vibrazioni sono devastanti.

Per quanto riguarda i ricambi ho portato come me:

Chi mi ha consigliato? Non conoscendo lambrettisti, mi sono affidato ai consigli di amici e alle mani esperte di due viaggiatori come Marco Giurin e Fabio Salini, che ho stressato telefonicamente con mille domande. Ovviamente non sono mancati gli amici che mi deridevano quando raccontavo di questa avventura, perché in molti erano convinti che non avrei concluso il viaggio.

E dove andremo?

Dopo tutto quello che è successo in Italia per via del COVID, penso che non ci fossero dubbi sulla destinazione del nostro viaggio. L’Italia è il Paese più bello del mondo ed è il nostro Paese. Messo a dura prova dalla pandemia doveva per forza essere aiutato, e quale miglior modo di farlo se non attraversandolo in sella ad una moto italiana, soggiornando in strutture condotte dai locali per dare il nostro piccolo contributo alle realtà del posto.

Ma ora veniamo al viaggio.

Partenza e piccoli inconvenienti

È il 31 Luglio 2020, sono le 4:30 e l’aria del mattino è già calda, sì perché siamo partiti nei giorni più caldi di Luglio. La tappa giornaliera è di 380 km e dobbiamo incontrare degli amici a Milano. L’Italia ci aspetta.

È ancora buio e la strada è molto monotona sulla SR11, ma il suono del motore e le vibrazioni ci tengono svegli. Vediamo il lento scorrere dei paesi del vicentino e poi del veronese, piano piano l’ambiente muta, passando dai grandi centri industrializzati alle lunghe campagne coltivate. In lontananza scorgo il lampeggiante di una pattuglia della Polizia di Stato ferma al centro della strada. Avvicinandomi alla pattuglia comprendo che nella notte ci deve essere stato un incidente e sulla careggiata sono rimasti abbandonati i detriti dell’auto. Proprio a pochi metri dalla pattuglia, improvvisamente l’anabbagliante anteriore inizia a lampeggiare per poi spegnersi. Ovviamente i poliziotti mi urlano di accendere il fanale anteriore, che è acceso ma che ha deciso proprio in quel momento di non funzionare.

La pattuglia mi raggiunge in un attimo e mi ferma per il controllo dei documenti. I poliziotti sono entrambi arrabbiati perché pensano che la Lambretta non sia in regola, ma dopo un rapido controllo dei documenti non notano niente di anomalo e ci scortano gentilmente alla prima uscita della tangenziale. Smonto il fanale e sostituisco la lampada, che mi sembra non avere niente di anomalo. Accendo la Lambretta e provo il fanale ma proprio non funziona, controllando i cavi e mi accorgo che c’è una brutta bruciatura su un lato destro del portalampade. Siccome le luci dell’alba hanno già fatto la loro comparsa, rimando la riparazione alla sera, e ripartiamo in direzione Milano.

Raggiunta Vignate ci fermiamo a salutare gli amici di Touratech Italia. Parlare di moto e viaggio con Norberto, Barbara e Gabriele nel loro negozio è sempre un grande piacere, ma la strada ci chiama. Dopo una breve sosta proseguiamo verso Bobbio dove ci fermiamo sotto la vista del grande ponte Gobbo che sovrasta il fiume Trebbia, lungo 273 metri e composto da 11 archi diseguali tra loro. Fa caldissimo e molti motociclisti si riparano sotto l’ombra del ponte, alcuni trovano refrigerio nelle fresche acque del Trebbia.

Nel Medioevo la costruzione di un ponte veniva considerata un’opera prodigiosa, a volte così perfetta da far presagire che ci fosse dietro la mano del diavolo. Così accadde anche per il Ponte Gobbo di Bobbio. Si narra che il suo nome derivi da una famosa leggenda in cui San Colombano, rattristato poiché a causa delle piene della Trebbia non poteva raggiungere Bobbio per evangelizzare gli abitanti della zona, venne visitato dal diavolo che gli offrì la costruzione di un ponte in cambio dell’anima di chi per primo l’avesse attraversato. Il santo accettò e durante una sola notte il ponte venne costruito con l’aiuto di undici demoni che sostenevano le arcate, ma poiché essi erano di diversa statura l’opera risultò “gobba”. A San Colombano il ponte piacque ugualmente e con l’inganno mantenne fede all’accordo: fece, infatti, passare sul ponte il proprio fedele orso.

Dopo aver scattato qualche foto, a pomeriggio inoltrato ci rimettiamo in sella. C’è ancora molta strada tortuosa e in salita da percorrere lungo il fiume prima di raggiungere la Liguria.

Liguria, borghi e mare

Più ci avviciniamo alla Liguria e più le nuvole si chiudono e ci sovrastano, lasciando spazio ad un’afa che ci fa sudare tantissimo. Arrivati sulla SP225 preferiamo deviare in collina lungo la SP333, che sale tortuosa sul monte e ci fa trovare po’ di refrigerio, ma il caldo non tarderà a ricomparire in prossimità di Camogli dove solo la presenza delle numerose case colorate liguri ci distoglieranno la mente dall’umidità opprimente. Prima di raggiungere Rapallo, deviamo verso Santa Margherita ligure passando davanti alla splendida baia Cannone, raggiungiamo Portofino dove ci concediamo un buon gelato, passeggiando tra le case color pastello e le boutique del paese. È sempre molto bello ammirare il castello Brown dalla piazzetta ciottolata di Portofino, passeggiando lungo la banchina e osservando curiosamente gli occupanti dei grandi yacht attraccati al porto.

Proseguiamo il nostro viaggio fino a Sestri Levante dove abbiamo appuntamento con Fabio Salini che ci ospiterà a Moniglia, che si raggiunge attraversando 3 lunghe gallerie a senso unico gestite da un semaforo che scandisce le partenze dei residenti. Il paese si affaccia su una lunga spiaggia, con la passeggiata a mare, il borgo ordinato, i campanili, il verde che la circonda.

Moneglia è perfetta per chi vuole stare lontano dalla frenesia e dai pericoli: il traffico e lo stress sono sempre tenuti alla larga. Il paese è servito da vari localini che offrono il meglio del pescato e che la sera punteggiano la linea di costa. Come ogni borgo marinaro ligure anche Moneglia ha il suo caruggio medievale che taglia in due il centro, stretto fra le case dalle facciate colorate con portali rinascimentali in ardesia scolpita e le due chiese a levante e a ponente del paese.

Quando ci siamo conosciuti io e Fabio è scattata subito un’amicizia e ci siamo sempre tenuti in contatto. In questo incontro abbiamo conosciuto la sua compagna Pamela con i quali abbiamo parlato di viaggi in un ristorantino mangiando succulenti pietanze liguri. La Liguria l’abbiamo girata per anni in moto, da Levante a Ponente in tutte le stagioni. Dopo la Sardegna l’abbiamo sempre considerata una delle nostre regioni preferite, perché in pochi metri sa donare baie cristalline con varie gradazioni di azzurro, lunghe passeggiate in colline tra il verde di una flora rigogliosa tutto l’anno, borghi marinari da fiaba.

L’indomani ci alziamo presto e dopo aver superato il Passo del Bracco ci dirigiamo verso le Cinque Terre che negli anni abbiamo avuto modo di visitare in auto, in moto, in traghetto, in treno, per poi raccogliere l’espressione massima della loro bellezza, percorrendole a piedi.

Il Parco Nazionale delle Cinque Terre, offre caratteristiche ambientali e culturali uniche: coste a strapiombo sul mare con baie e spiaggette, migliaia di chilometri di muretti a secco a segnare i terrazzi per la coltivazione della vite, i caratteristici rustici, i borghi medievali, i santuari, i sentieri panoramici sul mare e sui pendii. Se si aggiungono poi i pregiati vini liguri, il pescato fresco, la cucina e l’artigianato tradizionale, si coglie il valore di questi luoghi. Abbiamo percorso la strada panoramica che sovrasta il parco incontrando pastori che accompagnavano il bestiame e pescatori che rientravano con le ceste piene di pesce al porto.

Ci fermiamo a fare merenda a Portovenere caratteristica e famosa località di villeggiatura della Liguria, un esempio perfetto del connubio tra natura e architettura: dal lungomare che incornicia il porticciolo turistico all’infinita gamma di colori delle sue strette case, dalle ripide scalinate e dagli stretti vicoli all’estremità del promontorio delle Bocche dove svetta la Chiesa di San Pietro, di epoca paleocristiana.

Toscana, Umbria e fascette

Proseguiamo attraversando la Versilia fino a raggiungere Pisa dove ci fermiamo a visitare la famosa torre della Cattedrale di Santa Maria Assunta, nella celeberrima Piazza dei Miracoli di cui è il monumento più famoso per via della caratteristica pendenza, simbolo di Pisa e fra i simboli iconici d’Italia. Si tratta di uno dei monumenti più rappresentativi e visitati d’Italia con i suoi 3,9 gradi di inclinazione, i suoi 56 metri e 293 scalini.

Proseguiamo verso Lajatico per raggiungere il Teatro del Silenzio, un anfiteatro naturale situato su una collina ad un chilometro e mezzo dal centro abitato; è un teatro completamente naturale, costituito essenzialmente da un laghetto, una volta utilizzato dagli agricoltori come abbeveratoio per gli animali, al cui centro campeggia una scultura monumentale di un artista contemporaneo, diversa ogni anno, scelta in base al tema dell’edizione. Il tutto è circondato da blocchi di travertino toscano che ricorda un luogo di culto antico. Un panorama di ineguale bellezza che offre una visuale di 180 gradi sulle colline di uno dei versanti più belli del territorio.

Oggi pomeriggio c’è un caldo insopportabile, le cicale cantano e non si trova refrigerio neanche all’ombra dei grandi cipressi. Lasciamo Lajatico per raggiungere Radda in Chianti dove imbocchiamo l’Eroica. La Lambretta carica si comporta bene sullo sterrato, fino a quando non sopraggiungono le prime salite: in qualche occasione sarà necessario scendere dalla moto per aiutarla a superare pendenze per lei impegnative, fortunatamente all’ombra dei cipressi. Ma dopo ogni salita c’è sempre una discesa ad accoglierci, con viste su panorami mozzafiato strati di vigneti, che rappresentano alcuni dei passaggi più affascinanti della Toscana.

Lungo questo sterrato semplice e veloce, iniziano le prime rotture. Per primo si spezza il supporto del navigatore GPS che riesco ad afferrare al volo, poi si spezza il supporto della GoPro. Le vibrazioni della Lambretta si sommano a quelle delle asperità del suolo. Per fortuna mancano pochi km e a breve troveremo refrigerio nella piscina del B&B che abbiamo prenotato qualche decina di minuti fa, quando ad un tratto vedo volare alla mia destra la borsa Ride-N-Dry GUGLAtech, mentre alla mia sinistra vedo rotolare la borsa traforata nera e alcuni pezzi di ferro.

Mi fermo subito, ma il danno sembra ormai irreparabile. Purtroppo il portapacchi anteriore si è rotto, ho perso dei pezzi lungo la strada che non riesco a trovare. Riesco a riassemblare una sorta di portapacchi con i pochi pezzi recuperati dalla ghiaia, utilizzando fascette e viti che avevo portato con me, ricarico i 5,8 kg di bagaglio che abbiamo portato con noi e raggiungo la struttura in cerca di una saldatrice.

Mentre Alice fa il check-in, io e un addetto alla manutenzione della struttura cerchiamo di recuperare la saldatrice, ma ahimè non funziona. Con un po’ fascette ben posizionate cerco di bloccare il portabagagli, la riparazione di fortuna resisterà fino alla fine del viaggio.

Sono le ore 20.00, mentre tutti si apprestano a cenare io mi butto in piscina. Un addetto della struttura mi sgrida perché la piscina è stata chiusa alle ore 19.30, ma rimango a mollo lo stesso per qualche minuto, giusto il tempo di recuperare un po’ di refrigerio. Questo momento di relax me lo sono proprio guadagnato. Il giorno seguente partiamo all’alba raggiungendo Buonconvento per poi proseguire verso Montalcino, riconoscibile dalle sue grandi mura medievali e dominata da un imponente castello, incastonata tra sinuose colline, patria del famoso vino Brunello.

Proseguiamo il nostro viaggio verso l’Umbria, unica regione dell’Italia peninsulare a non essere bagnata dal mare: il suo territorio è quasi interamente montuoso, con ripide montagne al confine con le Marche e morbide ondulazioni collinari che intersecano tutta la vallata percorsa dal Tevere. Entro il pomeriggio dovremmo raggiungere Castelluccio, ma la vedo dura con la nostra Lambretta.

Appena inizia la salita sono costretto a mettere in seconda marcia, per poi passare in prima. Percorro i tornanti in modo instabile e a tratti il tachimetro del GPS segna 8 Km/h: eppure sono al massimo, più di così non posso spremere alla mia Lambretta, ma sono fiducioso e positivo. La salita non lascia scampo, le moto mi sorpassano e molti mi salutano. Ci impiegheremo quasi un’ora per raggiungere la piana di Castelluccio, dove ci aspetta questo spettacolare panorama.

Giunti sul tetto dell’Umbria a quota 1450 m. s.l.m. dove di fronte si erge l’imponente e maestosa sagoma del Monte Vettore che con i suoi 2.476 metri è la cima più alta della catena dei Monti Sibillini. Le nuvole raramente lasciano spazio a pochi e deboli raggi di sole, a tratti cadono grosse gocce di pioggia. Ci fermiamo a scattare delle foto nella piana che ha una estensione di circa 15 km².

Il vento si alza, segno che a breve inizierà a piovere e difatti raggiungeremo appena in tempo i locali lungo la strada dove troveremo riparo. Appena smette di piovere risaliamo in sella raggiungendo velocemente la struttura che ci ospiterà la notte. Scendendo verso valle attraversiamo paesi transennati, con impalcature che sorreggono edifici distrutti in quella devastante scossa del 30 ottobre 2017. Il silenzio irreale viene rotto solo dai rumori provenienti dal vicino villaggio di prefabbricati che ospitano i pochi cittadini rimasti aggrappati a questa terra. È un immagine di abbandono che non si vorrebbe vedere. Parlando con un anziano del posto traspare dalle sue parole il forte desiderio di ripartire subito dopo la scossa, tramutato dal tempo in rabbia e poi in rassegnazione e sconforto.

Roma, Campania e Calabria

Il giorno seguente, per la seconda volta in questo piccolo viaggio, ci alziamo presto al mattino e siamo già in sella alle 4:30. Oggi raggiungeremo Roma, e non vogliamo essere rallentati dal traffico e dai turisti. Nella notte è piovuto molto, ma le temperature sono rimaste comunque alte. Avvicinandoci alla periferia di Roma troviamo strade disseminate di buche, sporcizia e aiuole nel più totale abbandono. A tratti sembra di attraversare un qualche paese dell’Africa. Le cose migliorano solo dopo aver raggiunto il centro; sono le 7:30, il traffico sembra inesistente e di turisti neanche l’ombra.

Roma l’abbiamo visitata in varie occasioni, ma è sempre bellissima. Abbiamo deciso di raggiungere alcuni luoghi simbolo della capitale. Per primo l’imponente Altare della Patria, che custodisce la Salma del Milite Ignoto. Addossato al Colle Capitolino, il Monumento si muove in salita attraverso un’ampia scala, delimitata ai lati dalle fontane del Tirreno e dell’Adriatico, per poi allargarsi davanti all’Altare della Patria. Due rampe ascendenti portano all’imponente statua equestre in bronzo dorato di Vittorio Emanuele II, che poggia su un basamento con le statue delle città italiane più illustri. Ci fermiamo davanti al grande monumento bianco, ma veniamo ripresi dai militari di guardia che ci chiedono di allontanarci con la nostra Lambretta, perché lì non possiamo parcheggiare. Ci spostiamo di qualche decina di metri e prima di essere ripresi dai militari riusciamo a scattare qualche foto.

Saliti in sella raggiungiamo velocemente il Vaticano, che si mostra nudo in una totale assenza di turisti. In lontananza la basilica di San Pietro, la più grande di tutte le chiese nella cristianità del mondo, una delle opere più famose dell’architettura rinascimentale. Proseguiamo verso il Colosseo, dove i centurioni si ritrovano in gruppo sotto l’ombra del grande monumento avvolti nel più totale sconforto per l’assenza di turisti. Ci spiegano che sono mesi che non indossano i loro costumi, ma che continuano a ritrovarsi in quella piazza perché è la loro casa.

Transiteremo davanti a molti altri monumenti di inestimabile bellezza, del resto Roma rimane un museo a cielo aperto, una città unica che potrebbe sfruttare il suo potenziale in modo diverso e invece preferisce sprecarlo e abbandonarlo.

Raggiungiamo Castel Gandolfo, accolti dal lago Albano dove molti romani si sono trasferiti proprio perché questo lago vulcanico ha un enorme vocazione turistica e le strutture ricettive sono accoglienti e sfarzose. Proseguiamo verso Sud raggiungendo Pozzuoli dove prendiamo il traghetto per raggiungere la prima isola di questo viaggio.

Sul piccolo molo ci sono molti turisti che attendono di salire in traghetto. Alcuni ci salutano incuriositi chiedendoci da dove veniamo e che viaggio stiamo compiendo. La nostra Lambretta incuriosisce simpaticamente molti, e nessuno trattiene dal rivolgerci qualche domanda o raccontarci che qualcuno in famiglia possedeva una Lambretta. Sul traghetto si raccomandano le precauzioni anti COVID, che vengono scrupolosamente seguite dalla maggior parte delle persone presenti.

Dopo una breve attraversata raggiungiamo finalmente Ischia, isola vulcanica del Golfo di Napoli. È nota per le acque termali ricche di minerali. Le sorgenti termali sgorgano presso la spiaggia di Maronti, situata a Sud. A Est, sul fondale marino della spiaggia di Cartaromana si possono vedere alcuni resti romani. La spiaggia si affaccia sul medievale Castello Aragonese, collegato a Ischia da un ponte in pietra. Raggiunta la struttura che ci ospiterà nel paese di Forio, ci concediamo un bagno nella piscina termale.

Usciremo per cena solo in tarda serata, sorpresi da una splendida luna piena che illumina le piccole vie nascoste del paese. Il centro accoglie i turisti con numerosi locali pieni, alcuni dei quali si presentano con lunghe file di clienti in attesa. Passeggiamo per il centro storico raggiungendo il torrione circondato dal mare sui 3 lati, la cui facciata è ricoperta da maioliche raffiguranti la passione di Cristo illuminate dalla luna che a volte scompare tra le nuvole.

Rientriamo in tarda serata venendo sorpresi da una sottile pioggerellina, che nella notte si alternerà a forti acquazzoni. Il giorno seguente prima di prendere il traghetto per Napoli, visitiamo il Borgo di Sant’Angelo tra le case colorate, i tavoli all’aperto e i negozi di souvenir, per poi soffermarci ad osservare il Fungo di Lacco Ameno, un masso roccioso alto 10 metri che emerge dalle acque e la cui forma, come suggerisce il nome, ricorda appunto quella di un fungo.

Sbarcati a Napoli attraversiamo il centro città su una strada di sanprietrini malmessi, che ci impediscono di superare la velocità di 30 km/h. Ci impiegheremo più di un’ora a raggiungere la nostra prossima destinazione, tra il traffico caotico e numerosi rallentamenti causati dalle continue e spontanee inversioni di marcia effettuate dai locali, che in auto improvvisano questi cambi di direzioni bloccando la circolazione da ambo i lati. Corriamo tenendo alla nostra sinistra il vulcano che domina il golfo di Napoli, il Vesuvio.

Nel frattempo raggiungiamo la Costiera Amalfitana, 50 chilometri di ripide scogliere costellati di piccole spiagge e villaggi di pescatori color pastello. La strada si snoda tra ville sontuose, vigneti terrazzati e limoneti a picco sul mare. È un vero spettacolo di integrazione tra uomo e natura. Arriviamo a Sorrento, edificata sulla scogliera che la separa dal suo affollato porticciolo. Sorrento è famosa per il panorama sul mare e per piazza Tasso, costellata di caffè. Il centro storico è un groviglio di stradine.

Proseguiamo verso Positano, famosa per le spiagge di ciottoli e le stradine strette e scoscese ricche di negozi e caffè. La Chiesa di Santa Maria Assunta ha la cupola in maiolica e un’icona bizantina della Vergine Maria del XIII secolo. Raggiungiamo Amalfi, città che si trova in un ambiente naturale suggestivo sotto le ripide scogliere sulla costa Sud-occidentale dell’Italia, e poi Ravello a 365 metri sopra il Mar Tirreno, nota per gli straordinari giardini sulle scogliere. E poi ancora Maiori e Minori fino a raggiungere Salerno, dove ci dirigeremo verso Agropoli, borgo cilentano il cui nome deriva dal greco e significa “città alta” per la sua posizione arroccata su di un promontorio, ricca di una storia che inzia in epoca classica.

Ad Agropoli notiamo subito che cambiano le regole nei confronti della gestione e del monitoraggio del COVID: alberghi e ristoranti misurano la febbre, registrano nominativi e numeri di telefono. Ci è capitato di assistere in più occasioni di persone che non hanno ottenuto l’autorizzazione ad accedere al ristorante dopo la misurazione della febbre. Il giorno seguente proseguiamo lungo la costa fermandoci a salutare l’amico Valerio Pnd a Lamezia Terme. È stato un vero piacere conoscerlo di persona dopo esserci contattati spesso sui social, un motoviaggiatore come noi che ha sposato la passione per il vento sulla faccia e il desiderio di imparare ciò che la strada gli saprà donare.

Arriviamo nel primo pomeriggio a Tropea dove riusciamo a fare un bagno nel mare cristallino di Capo Vaticano: una spiaggia dalla sabbia bianca lungo la Costa degli Dei circondata da panorami suggestivi. Come è nostra consuetudine, non prenotiamo in anticipo la struttura che ci ospiterà, ma preferiamo recarci sul posto e prendere una decisione sul momento. Purtroppo a Tropea c’è il pienone e non troviamo strutture libere vicino al mare. Dopo una lunga ricerca troviamo un camping che ci affitterà un bungalow per la notte.

In serata passeggiamo fino al Santuario benedettino di Santa Maria dell’Isola, uno dei luoghi più fotografati di Tropea. Il Santuario sorge infatti su uno scoglio proprio davanti al paese e si affaccia sul suo mare limpido. Proseguiamo la nostra passeggiata lungo il centro città, camminando tra i tanti palazzi del ‘600 e ‘700, ammirando la Chiesa di san Demetrio.

Sicilia, imprevisti e Lambrette

L’appuntamento con la seconda isola di questo viaggio è arrivato. A Villa San Giovanni abbandoniamo il continente traghettando fino a Messina, dove usciamo rapidamente dal centro città per recarci a salutare gli amici di ARPAX a Barcellona Pozzo di Gotto.

Percorrendo la SS113, una bellissima strada in salita che attraversa una foresta piena di curve, alcune delle quali piastrellate con i sampietrini. Giunti sulla sommità delle colline inizia la discesa che ci condurrà a Villafranca Tirrena.

Le prime curve in discesa sono fantastiche e scorrono veloci, ma noto fin da subito che il freno posteriore tende ad allungare, finchè ad un tratto smette completamente di frenare costringendomi a bloccare la Lambretta con tutte le risorse a mia disposizione: aziono con forza il freno anteriore, scalo le marce fino alla prima, spingo forte i piedi a terra in modalità Flinstones… andando comunque lungo in curva, ma riuscendo in qualche modo a completarla. Da lì, la discesa sarà un vero incubo, perché dovrò ridurre al massimo la velocità cercando di controllare al meglio l’andatura della Lambretta, così carica che in discesa non ne vuol sapere di andare piano. Solo una volta arrivato a Barcellona, mi accorgerò di aver scoppiato le mie scarpe Salomon nuove nella parte superiore del rivestimento, scucendo il rivestimento che le fissa alla suola.

Il primo pensiero che ho avuto è che il filo del freno si fosse allentato o che le ganasce si fossero surriscaldate, ma dopo aver salutato gli amici di ARPAX ed essere ripartito comprenderò ben presto che si trattava di qualcos’altro perché il freno continua a non funzionare.

Mi fermo ad un distributore per fare una verifica e provo a smontare la Lambretta cercando di capire cosa è successo. Non noto niente di strano. Il coperchio del tamburo posteriore è freddo, il cavo del freno è bene teso e non noto perdite di olii o altri liquidi. Dopo essermi confrontato con l’amico Ivano cerco di contattare il Lambretta Club Sicilia che si rende subito disponibile ad aiutarmi, mettendomi in contatto con un meccanico e appassionato di Lambrette: Franco Spagnolo a Capo d’Orlando.

Raggiungo il meccanico con non poche difficoltà visto che sono senza freni e devo attraversare alcune città. Appena arrivo a Capo D’Orlando, Franco smonta subito la Lambretta confermandomi che il problema era dovuto alla rottura del paraolio della ruota posteriore, che aveva provocato la fuoriuscita dell’olio e inzuppato le ganasce. Franco pulisce in modo accurato il tamburo e le ganasce asportando tutto l’olio e nel frattempo si informa su come procurarsi un paraolio. Purtroppo non ci sono paraolii nei paraggi. Ne trova uno a Trapani, quindi Franco mi consiglia di proseguire il viaggio raggiungendo la città dove potrò organizzare la riparazione della Lambretta.

Sono le ore 20:30 quando ringrazio e saluto Franco raggiungendo l’hotel sotto una fitta pioggia, in un buio pesto. Ogni sera dopo la doccia, io e Alice ripercorriamo le giornate di viaggio e ripensando alla giornata appena trascorsa siamo felici: pur essendo diversa rispetto alle precedenti, è stata appassionante, piena di sorprese e decisioni da prendere. Dovevamo proseguire il nostro viaggio verso Taormina incontrando degli amici, ma purtroppo siamo stati costretti a deviare, cogliendo questo imprevisto con il solito spirito che ci accumuna alla ricerca di nuove conoscenze. Il viaggio è meraviglioso proprio per questo.

Per tutta la notte è piovuto e il mattino si presenta fresco e imbronciato. Dopo aver caricato la Lambretta e averla accesa alla prima pedalata, facciamo il pieno di miscela e iniziamo questa giornata alla scoperta di questo mondo su strada, attraversando l’entroterra siciliano tra masserie e vigneti, raggiungendo Marsala dove ci attende un caro amico. Uscendo da Marsala transitiamo lungo le saline della laguna davanti all’isola di Mozia, dove i mulini a vento dominano i numerosi cumuli di sale fotografati dai turisti di tutto il mondo.

È una giornata calda e quindi ci fermiamo all’ombra di un supermercato per sorseggiare una bibita. In Sicilia continuiamo ad incontrare appassionati di Lambretta che ci fermano per chiedere informazioni. In tutti i viaggi che abbiamo fatto, il contatto con le persone del posto ti fa sentire a casa. C’è sempre qualcosa che ti unisce, c’è sempre un elemento che accumuna le persone che incrociamo e questo continua a sorprendermi.

Nel frattempo ci mettiamo in contatto con Francesco Oddo, presidente del Lambretta Club Sicilia, che ci indica come incontrare Paolo, grande esperto di Lambrette. Lungo la strada ci ferma un lambrettista siciliano che avendoci riconosciuti dai social ci accompagna da Paolo. Presto il garage si riempie di appassionati che ci vengono a conoscere. Sembra un giorno di festa e siamo sorpresi e un po’ in imbarazzo, non volevamo creare tanto interesse, ma il bello deve ancora venire.

Intanto, sotto le mani sapienti di Paolo la Lambretta ritorna in sesto rapidamente. Paraolio e ganasce vengono sostituite, anche se ancora buone si erano inzuppate nuovamente di olio. Ma il momento difficile arriva al momento della richiesta del conto… sì perché mentre per noi è una cosa naturale, per tutti i presenti sembra una offesa. Paolo mi consiglia di parlare del conto con il presidente Francesco Oddo, che continuiamo a sentire telefonicamente, e che non abbiamo ancora conosciuto. Dopo la riparazione veniamo accompagnati in una gelateria del centro dove consumiamo per la prima volta un buon gelato al gelsomino dalle dimensioni generose.

Nel frattempo chiediamo consiglio su dove alloggiare, ma Francesco ci dice che ha già organizzato tutto. Alloggeremo in un appartamento di uno dei soci del club, già preparato per l’occasione. Continuiamo a venire sorpresi dall’ospitalità e ci sentiamo sempre di più in debito e sempre più in imbarazzo. Raggiunto l’appartamento a Valderice, parcheggiamo la Lambretta nel garage del proprietario affianco ad un’altra Lambretta e ad alcune auto d’epoca. È un garage pregiato, e la nostra Lambretta così sporca fa decisamente brutta figura.

Nel frattempo siamo stati invitati a cena dal Lambretta Club Sicilia, ci concediamo qualche minuto di riposo e una doccia. In tarda serata raggiungiamo il ristorante a Scurati assieme a Paolo, Anna, Antonio e Salvatore. Le luci nella notte disegnano un paesaggio fantastico, difronte il monte Cofano che si rispecchia sul mare. La natura in questo luogo sta dando il meglio di sè e noi ne siamo affascinati. Trascorriamo una serata serena e piacevole in compagnia del club composto da motociclisti appassionati di moto e viaggi, scopriamo il forte impegno del club in eventi organizzati nell’amata Sicilia per tutti i lambrettisti d’Europa.

Il giorno seguente ci concediamo una giornata di relax sulla spiaggia di San Vito lo Capo, davanti a questo mare stupendo baciati da un sole caldo. Rientrando a Valderice facciamo visita al paese e alla Tonnara, proseguendo lungo la strada della Riserva dello Zingaro che abbiamo visitato anni fa. Purtroppo le ore scorrono veloci e non ci rendiamo conto che siamo in forte ritardo. Alle ore 18:00 abbiamo appuntamento in centro a Trapani con il Lambretta Club Sicilia. Il tempo di una doccia e ripartiamo in compagnia di un folto gruppo di Lambrette, condotto dal presidente Francesco Oddo che con la sua Lambretta 200 ci porta alla visita della città di Trapani percorrendo alcune vie del centro storico, pieno di attrazioni meritevoli di una visita come il Palazzo Senatorio, le Cento Chiese, le Mura di Tramontana. Transitiamo affianco alla Torre Ligny, situata sulla punta più estrema della costa della città.

Ci fermiamo ad ammirare il Castello del Mare, alto ben 32 metri con 4 piani sovrapposti, costruito sull’isola della Colombaia di fronte alla città. Secondo la leggenda, il castello sarebbe stata edificato addirittura dai troiani, arrivati a Trapani dopo la conquista di Troia. Nell’Ottocento la struttura divenne una prigione dei Borboni per poi essere abbandonata. Osservare l’insenatura con le sue barchette colorate in questo mare calmo sullo sfondo del castello dona un grande senso di serenità, sembra di essere in un quadro dipinto da un grande artista.

Come non bastasse la vista spettacolare appena ammirata, ci dirigiamo tutti assieme alle saline di Marsala dove osserviamo il lento calare del sole che piano piano scompare dietro gli alberi illuminando di rosso lo specchio d’acqua di fronte a noi. Concludiamo la serata in un vicino ristorante consumando succulento pesce locale e cannoli siciliani superlativi, tra racconti di viaggi e grandi avventure vissute in questa terra fantastica.

In Sicilia e con i siciliani ho sempre vissuto dei momenti fantastici, che rimarranno indelebili nel mio cuore. Tutto ha avuto inizio quasi 30 anni fa quando in questa terra ho fatto il servizio militare. Durante i permessi, non potendo tornare a casa per via della lontananza, ho avuto modo di visitare questa terra assieme ad amici siciliani, percorrendo non solo la costa, ma anche l’entroterra, vistando le isole Eolie durante i periodi meno affollati ed entrando a diretto contatto con le persone che le vivevano tutto l’anno. Poi negli anni ho rivissuto quei luoghi ed altri ancora, viaggiando in auto e in moto in quasi tutte le stagioni, sapendo cogliere la crescita che questa regione e i suoi abitanti hanno fatto nel corso degli anni.

Quando si sta bene con gli amici il distacco è sempre difficile e, anche se abbiamo trascorso solo poche ore assieme a questi ragazzi del club, percepiamo un senso di vuoto.

Il giorno seguente consumiamo la colazione assieme ad Anna e a Salvatore e ripartiamo per il nostro viaggio, transitando per i famosi faraglioni ed il mare cristallino del borgo di Scopello e proseguendo per Mondello e la sua rinomata spiaggia.

Stanotte traghetteremo in direzione della terza isola del viaggio, nel tardo pomeriggio ci dirigiamo verso Palermo dove un traghetto ci condurrà a Cagliari.

Arrivati in centro a Palermo mi dirigo verso la cattedrale per farvi visita, quando ad un tratto, nel traffico caotico della città, la frizione diventa molle e sono costretto ad una fermata di fortuna a lato della careggiata. Osservo il filo e mi accorgo che si sta per rompere, ma appena lo tocco, me lo ritrovo in mano. Prendo il kit dei fili che ho acquistato prima di partire e inizio la sostituzione, ma mi accorgo subito che nel kit ci sono 1 filo del freno anteriore, 1 filo del freno posteriore e 2 fili del comando dell’aria. Di quello della frizione neanche l’ombra. Probabilmente chi ha composto il kit ha commesso un errore.

Mancano 2 ore alla partenza della nave e quindi preferisco avvicinarmi al porto a piedi spingendo la Lambretta, poi con calma prenderò una decisione. Raggiungiamo il porto in 20 minuti, camminando all’ombra dei grandi edifici del centro città.

Superato il check-in spieghiamo all’addetto all’imbarco che devo sostituire il filo della frizione e quindi mi servirebbe un posto all’ombra dove parcheggiare la Lambretta per compiere il lavoro. L’addetto smette immediatamente di controllare i biglietti e si rende subito disponibile a trovarmi il posto all’ombra, portandomi da bere e alcune chiavi per la manutenzione in una cassettina nuova. Smonto i cofani della Lambretta e verifico i cavi che ho in dotazione. I fili dei freni sono corti, ma il filo del comando dell’aria è lungo abbastanza, anche se di diametro nettamente inferiore. Purtroppo questo filo non ha il fermo che serve per agganciare il filo alla maniglia. Verifico tra i ricambi che mi sono portato se riesco a trovare una soluzione e nel frattempo ci raggiunge l’amico Enzo Garofalo, che saputo della nuova rottura ci ha raggiunti. Dovevamo incontrare Enzo a Palermo, ma purtroppo l’imprevisto ci ha costretti al cambio di programma. Anche Enzo porta con se delle chiavi per eseguire la riparazione, ma quando arriva ho quasi concluso e dopo un breve test rimonto i cofani della Lambretta e saliamo in nave pronti per salpare in direzione della Sardegna. Ci dispiace di non aver avuto modo di trascorrere più tempo in compagnia di Enzo, ci saranno sicuramente altre occasioni in futuro.

Alcuni amici ci hanno chiesto di rimanere ancora qualche altro giorno in Sicilia, ma purtroppo da Palermo le navi per Cagliari salpano solo la domenica e il mercoledì e quindi la nostra è stata una scelta obbligata.

Anche su questa nave le regole di prevenzione al contaggio del COVID vengono ricordate al microfono continuamente in varie lingue e le persone sembrano adeguarsi in modo ligio. La nottata scorre in modo tranquillo e dormiamo fino al mattino dove all’alba possiamo già ammirare le coste della Sardegna.

Sardegna e rientro a casa

Dopo l’attracco siamo tra i primi a scendere. Ormai Cagliari la percorriamo come fosse la nostra provincia. È stata per alcuni anni la meta dei nostri viaggi sardi al Sud e spesso la sera ci trovavamo con amici a cenare nei ristorantini lungo il corso.

Nel frattempo ci eravamo accordati con Nicola Manca che avremmo fatto visita al MAAN GARAGE di Cagliari dove ci ha accolti l’amico Matteo Murgia. Si percepisce subito la forte passione e l’arte che trasudano dalle mani di questi ragazzi. Il tempo trascorre velocemente in compagnia di Matteo che ci racconta storia e provenienza di ogni pezzo di questo garage, descrivendoci la sua visione dell’arte espressa modellando il ferro. Prima di lasciare il garage Matteo mi consegna uno dei fili della frizione di Nicola, perché dovrò sostituire il cavo della nostra Lambretta prima che si rompa.

Usciamo da Cagliari raggiungendo Torre delle Stelle, dove sostituisco il cavo della frizione nel parcheggio della struttura che ci ospiterà per la notte. Purtroppo il perno che si dovrebbe bloccare nella maniglia è troppo grande e quindi il giorno seguente a Villasimius mi reco in un officina e con una mola a disco riesco ad adattare il pezzo come fosse l’originale. Proseguiamo verso Costa Rei fino a Bari Sardo. Nel primo pomeriggio ci sistemiamo rapidamente nella struttura per poi raggiungere la spiaggia di ghiaino e finire per farci cullare dalle quieti onde del mare in questa giornata dal clima africano.

Ci siamo fermati a Bari Sardo perché questa sera saremo ospiti a casa dell’amico Diego Della Scala e di sua moglie in compagnia di Alessio Ferrari e della sua famiglia.

Raggiungiamo la casa di Diego alle ore 20:00 e subito entriamo in sintonia con lui e con sua moglie. Mentre sorseggiamo del vino in attesa di Alessio, Diego ci pone delle domane sulla nostra vita e sui nostri viaggi. Mi piace parlare di me, e mi piace anche conoscere chi ho di fronte: spesso rivolgo delle domande a Diego che “slalona” proiettandole su di me o proponendomi un’altra domanda. A volte si incontrano persone che fanno lunghi monologhi sulla propria vita, Diego invece non parla mai di sé, o almeno non lo fa con gli sconosciuti.

Penso che ognuno abbia il suo personale modo di vivere e condividere i propri ricordi, si dovrebbe comprendere e rispettare l’atteggiamento dell’interlocutore. Ma anche se Diego parla poco di sè, i suoi gesti mi fanno capire molto di lui; i suoi occhi che incrociano quelli di lei, le sue mani che ricercano di continuo il corpo della donna che gli è sempre affianco, che senza dubbio gli è stata vicina in momenti estremamente difficili, più di ogni altra cosa al mondo.

Solo chi ha vissuto momenti difficili aggrappato alle poche cose che contano della vita, sa comprendere e leggere quei gesti apparentemente semplici, ma estremamente unici. Ci sono poche cose che contano veramente nella vita e questa coppia di amici di Bari Sardo l’ha capito.

Il giorno seguente partiamo presto dalla struttura che ci ha ospitati per la notte, oggi affronteremo il passo Genna Silana e vogliamo evitare di viaggiare con i 40°C del giorno precedente. Raggiunto il passo ci fermiamo a fare colazione nel bar SS125 quando giunge una coppia di coetanei su un BMW R1200GS Adventure che ci saluta. Parcheggiando le moto vicino scambiamo qualche parola e ci fa sorridere il fatto che siano stanchi per il centinaio di km appena percorsi in sella a quella straordinaria moto che è il GS. Preferiamo non dire niente di noi e del nostro viaggio consumando scherzosamente la colazione assieme.

Proseguendo il nostro viaggio raggiungiamo Cala Gonone per poi fermarci a pranzare a Porto Ottiolu. Qui conosciamo un giovane vespista con un PX200 che partito da Bologna ha raggiunto Livorno per poi traghettare ad Olbia. Quando gli raccontiamo il nostro viaggio ci fa i complimenti, ma ciò che lo sorprende sono le dimensioni del nostro bagaglio, tanto che inizialmente era addirittura incredulo e pensava si trattasse del bagaglio per la spiaggia.

Trascorriamo la notte a Monte Petruso in una villetta a pochi passi dal mare che abbiamo affittato per 3 giorni grazie agli amici Mara e Francesco. Nel frattempo la sera stessa ceniamo in compagnia degli amici Roberta e Riccardo di Perugia che sono in vacanza a Porto San Paolo nella loro casa. Il giorno successivo ci concediamo un’uscita in barca davanti all’isola di Tavolara, ma purtroppo lo scirocco ci costringe a rientrare in porto prima del previsto. Cogliamo la palla al balzo e percorriamo in direzione Nord la costa orientale della Sardegna per una passeggiata in centro ad Olbia, consumando in serata l’aperitivo sulla spiaggia di Golfo Aranci.

Nei giorni successivi visiteremo la costa Smeralda tra hotel e residenze di lusso, movida scintillante, boutique selezionate e mare cristallino, visitiamo Arzachena, Marinella, Porto Rotondo, Porto Cervo e San Pantaleo, riposiamo al sole davanti ad un mare cristallino nelle spiagge di Porto Istana, Capo coda Cavallo, e Cala di Volpe.

La Sardegna è stata la meta dei nostri viaggi per anni e molti di questi luoghi, un tempo sconosciuti, oggi sono mete di villeggiatura densamente popolate durante la stagione estiva. Noi preferiamo la Sardegna a Maggio o a Ottobre, quando il mare limpido e calmo dona il vero relax che questa terra e la sua gente sanno regalare nelle numerose sagre paesane in compagnia delle danze sarde e dei mamuthones, assaggiando il porceddu, il torrone sardo e le seadas.

Oggi è sabato e lunedì Alice rientrerà a lavoro. Domani sbarcheremo a Livorno risalendo verso nord attraverso la valle del Chianti fino agli Appennini, oltrepassati i quali raggiungeremo Bologna attraversando le campagne ferraresi e veronesi fino a Vicenza, dove si concluderà questo viaggio iniziato 17 giorni fa, dopo 3.416 km percorsi in territorio italiano con la nostra Lambretta 125cc da 5,5CV.

Questa esperienza è servita in primis a me e ad Alice, perché abbiamo acquisito una maggiore consapevolezza delle nostre possibilità e capacità, sapendo spingerci oltre su vari fronti, soprattutto sul bagaglio. Spero che questa esperienza sia servita anche a molti altri motoviaggiatori che spesso si nascondono dietro mille scuse per non partire. La passione alimenta ogni mente libera.

Quest’anno ero assolutamente convinto che l’Italia avrebbe avuto bisogno degli italiani e viaggiando per lo stivale ne ho avuto conferma. Purtroppo in questo viaggio ho visto una Italia abbandonata, sporca, impreparata ad affrontare l’estate. Questo COVID lascerà il segno nel nostro paese per molti anni.

Purtroppo rimane forte il divario tra regioni. Faccio solo un esempio: in alcune regioni per fare il pieno di benzina si utilizzano le App, in altre si può fare utilizzare solamente il denaro contante nelle strade secondarie. C’è bisogno di unità.

Concludo con qualche nota: erano anni che non viaggiamo in Italia ad Agosto, e quest’anno ho notato delle pratiche che sembrano essere di uso comune. Andando piano sono stato sorpassato da molte moto e ho notato che:

  1. Molti viaggiano in moto a velocità elevate in maglietta o addirittura in costume, ritenendo la moto come una alternativa veloce e pratica all’auto dimenticando le possibili conseguenze di un impatto. Posso fare uno sforzo e comprendere il tragitto spiaggia-hotel, ma vedere scene di questo tipo su strade statali distanti dal mare, qualche domanda me la faccio.
  2. Ho visto moto cariche all’inverosimile con bagagli su bagagli. Ho visto conducenti (non posso chiamarli motociclisti) che al semaforo zampettavano in un equilibrio instabile scongiurando la caduta. Consiglio a questi conducenti di fare uso dell’auto la prossima estate perché la moto richiede razionalità e qualche rinuncia per essere guidata in sicurezza e cogliere le emozioni che può trasmettere. Più è carica, più è pericolosa e meno emozioni regala, quindi perché scegliere la moto?
  3. Per concludere ho notato che le modalità di utilizzo del casco non sono ancora chiare. Indossare il casco a mezz’aria o indossarlo senza allacciarlo non serve a niente. Ovviamente non spendo parole per chi non lo indossa, magari viaggiando in 3 su un motorino.

L’Italia è un paese bellissimo, un museo a cielo aperto, ma pieno di paradossi che purtroppo non fanno bene all’immagine del Paese.

Da questa esperienza è emerso che se si è desiderosi di vivere la libertà su due ruote lo si può fare su ogni mezzo, perché la forza trainante rimane dentro di noi.

Ispirato dall’amica motoviaggiatrice O.O.:

Chi giudica il mezzo senza scoprire il cuore e la passione di chi la guida, commette un grande errore.

Buona strada.

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