Una partenza improvvisata
Estate 2021, sono in Sardegna, regione fantastica in cui mi sono ripromesso di tornare per fare un po’ di enduro. Sarei dovuto tornare a Bari, città in cui sono nato, con il volo diretto Ryanair con partenza Olbia, che avevo già prenotato. Ma OPS: trovo un last minute Olbia-Torino a bassissimo costo. Vedo immediatamente il viaggio che prende forma e penso «si-può-fa-re!»
Il piano è recuperare la moto a Torino e spararsi quei 1000 km di autostrada (e che sarà mai!) per raggiungere l’imbarco al porto di Bari. Redi avrebbe fatto lo stesso, partendo però da Milano. Appuntamento quindi a Bari per prendere insieme il traghetto per Durazzo e poi, quel che succede succede…
Detto fatto! Torno a Torino, prendo il Kappone e lo carico come se stessi per partire per il giro del mondo e non per un viaggio di 5 giorni in Albania. Quindi scendo a Bari in volata, ci sono 40 gradi di temperatura esterna e chissà a che temperatura era l’asfalto! Infatti mi ha letteralmente mangiato i pneumatici già un pò provati dalle varie uscite precedenti. Arrivato a destinazione ho dovuto sostituirli: il posteriore era arrivato alle tele!
Una volta arrivati a Bari, ci siamo concessi un giorno di sosta in cui io e Redi ci siamo improvvisati avvocati della domenica, per districarci fra quarantene obbligatorie, green pass e autorizzazioni necessarie a varcare indisturbati il suolo albanese e fare ritorno in patria. Una volta chiariti (più o meno!) questi punti era praticamente fatta, il resto l’avremmo organizzato al momento. Una vacanza improvvisata, rigorosamente on-the-road, cosa c’è di meglio?
A questo punto ci dirigiamo verso il porto di Bari, per l’imbarco. Mancava ancora un po’ di tempo, così decido di fare un giro nel centro della città con il mio amico. Ci fermiamo a mangiare in un posto a ridosso del magnifico lungomare (si, sono di parte, ma lo è per davvero!) in in cui preparano delle bombette deliziose (così si chiamano i tradizionali involtini di carne con pancetta e provolone).
Quindi torniamo verso il porto. Purtroppo a causa di ritardi del traghetto c’era ancora parecchio da aspettare. Dopo un’ora e mezza di ritardo rispetto all’orario previsto arriva il momento dei controlli pre-imbarco: qui se ne vedono delle belle! Vedo un’auto nelle seguenti condizioni: ruote a terra, carrozzeria piena di sabbia che sembrava avesse appena terminato la Parigi-Dakar e… last but not least, un materasso! Ebbene si, un materasso King size caricato sul tetto!
Una volta superati questi momenti tragicomici riusciamo finalmente a salpare. Il traghetto per Durazzo è abbastanza affollato, pertanto ci affrettiamo per trovare i posti migliori sulle poltrone. Posiamo tutti i nostri bagagli e poi subito a nanna. Ci vuole un po’ di spirito di adattamento, stendersi per dormire è un privilegio non sempre possibile, pertanto bisogna mettere in conto di svegliarsi il mattino dopo non proprio freschi come delle rose. Ma per me il viaggio in moto è da concepire in questa maniera e se si cerca la comodità meglio viaggiare in station wagon verso l’hotel più vicino.
Intorno alle 7 di mattina mi alzo dalla poltrona per andare ad ammirare l’alba dal ponte. Per me è un rito quando viaggio in traghetto: adoro guardare all’orizzonte la costa che diventa sempre più vicina, con il sottofondo dei rumori della nave e del mare. Quindi tornato all’interno, sveglio Redi che dorme come un ghiro e andiamo a fare colazione al bar poco prima dello sbarco.
Prima tappa: Tirana
Ci siamo! Finalmente riaccendiamo le moto e mettiamo le nostre ruote sul suolo albanese! Subito andiamo ad acquistare per pochi euro l’assicurazione stradale obbligatoria in Albania presso un chioschetto nell’area portuale e ci dirigiamo alla volta di Tirana, nostra prima tappa.
Una caratteristica che subito salta all’occhio e che le strade non sono in condizioni eccezionali. Avete presente quel riflesso che si vede sull’asfalto quando è consumato e sembra dirti: «A Valentino Rossi, vacci piano eh!». Lo stile di guida albanese è abbastanza arrembante e spesso e volentieri le precedenze alle rotatorie non sono rispettate, anche se devo dire che per questo aspetto ho avuto modo di farmi il callo già da tempo nel Bel Paese.
Siamo arrivati al dunque: ci dirigiamo verso Tirana. Rispettiamo rigorosamente il limite di 90 Km/h, Redi si è raccomandato di farlo, la polizia non è così magnanima in Albania. La strada verso la capitale è abbastanza monotona, abbiamo percorso un tragitto autostradale di circa una quarantina di chilometri, percorsi in più di un’ora e mezza! Molte volte siamo costretti a interrompere la nostra marcia o a fare lo slalom fra le auto in coda quando questo è possibile. La ventola di raffreddamento della mia moto si accende spesso anche in condizioni normali, figuriamoci con tutte queste soste e con questo caldo!
Una volta arrivati a Tirana ci dirigiamo subito verso la casa dove abitava Redi, nella zona periferica di Tirana, quartiere Kombinat, a circa 6 km dal centro. Ci ha accolti la sua vicina, che ci ha anche gentilmente consentito di lasciare le moto nel suo garage per tutta nostra permanenza in città. Redi approfitta dell’occasione per fare qualche ripresa con il suo fidato drone dei luoghi della sua infanzia.
Mentre guardo il drone innalzarsi come una scheggia nel cielo, osservo l’aspetto delle case: le facciate sono spesso incomplete, quasi come se si fossero fermati a metà durante la costruzione. Sui tetti ci son delle cisterne per accumulare l’acqua, la quale non è disponibile a tutte le ore del giorno.
Decidiamo di raggiungere un’amica di Redi che aveva intenzione di pranzare in un agriturismo distante una trentina di chilometri, Agritourism Huqi. Quindi riprendiamo le nostre moto e dopo esserci cambiati le magliette zuppe, ci rimettiamo in marcia. Dopo aver percorso di nuovo autostrada e poi delle belle strade bianche raggiungiamo la nostra destinazione. Il posto è immerso nel verde, all’esterno sono presenti recinti con animali.
L’ambiente interno è suggestivo, con la sua struttura e i tavoli in legno e piante posizionate un po’ ovunque, di gusto un po’ orientale. Chiedo consiglio su cosa assaggiare di tipico e con fierezza i miei amici albanesi decidono democraticamente di ordinare per me… troppi piatti tipici da provare! Fra quelli che ho gradito di più il Birek, un tortino salato, con interno di ricotta spinaci e menta; mi è piaciuta molto la tradizionale carne di agnello servita in terracotta e il Trilece, pan di spagna bagnato da una salsa a base di latte concentrato, panna e latte, con uno strato superiore di caramello.
Finito il ricco pranzo, ci dirigiamo verso il centro di Tirana, verso la casa in cui avremmo trascorso la notte, di proprietà di alcuni parenti di Redi. Mi colpiscono molto l’arreddamento stile fine anni ’80 di chiaro stampo ex-comunista e i colori che vanno dal giallo chiaro al marrone. I proprietari mi spiegano che d’inverno non hanno a disposizione i nostri sistemi di riscaldamento tramite termosifone, ma c’è una stufetta elettrica che viene messa di solito nel soggiorno, lasciando gli altri locali della casa decisamente freddi.
Lasciati i bagagli facciamo un giro a piedi per Tirana. Fra le vie del centro la sensazione è di non essere in un capitale. Non ci sono palazzoni alti e sfarzosi o sedi di multinazionali, ma costruzioni più piccole di massimo tre o quattro piani. Ci spostiamo quindi in piazza Scanderberg, la più importante di Tirana, molto grande e dall’aspetto tipico delle piazze di stampo comunista, ampie e magnificenti. Da qui è possibile ammirare la moschea Et’hem Bej e la statua di Giorgio Castriota Scanderberg, personaggio simbolo dell’identità nazionale albanese per via delle sue imprese militari contro l’impero ottomano.
Merita una visita anche il castello Tirana o in albanese Kalaja e Tiranës un’aera che oggi ospita negozi di souvenir, ristoranti, negozi di gastronomia tradizionale e in cui vengono organizzati vari eventi culturali. E’ anche suggestiva la piazza di Madre Teresa, che ospita il centro universitario.
Terminato il nostro giro della capitale ci dirigiamo verso un locale per bere qualcosa, purtroppo la chiusura dei locali dovuta all’emergenza Covid ci impone di sbaraccare con ancora il cocktail in mano già a mezzanotte. Poco male, più riposo per la giornata successiva.
Relax sulle spiagge di Valona
Il mattino seguente, si riparte per la volta di Valona, una città dall’aspetto decisamente diverso da quello di Tirana. All’ingresso questa si presenta con palazzi alti, di colore chiaro, che si affacciano su una strada lunga e larga e gente in costume che passeggia lungo il marciapiede. Il viaggio è stato di nuovo impegnativo a causa del caldo e di nuovo delle code autostradali. Avevamo bisogno di una pausa di puro relax, pertanto decidiamo di dirigerci verso il Sud di Valona, zona che pulula di stabilimenti balneari e beach club in cui rilassarsi ascoltando musica con un bel mojito in mano.
Ci fermiamo al Coco Bongo beach club, un posto abbastanza noto in zona. Lo definirei scherzosamente un posto decisamente instagrammabile: letti a baldacchino con morbidi materassi e bianche lenzuola a ridosso del mare, una vista meravigliosa e un tramonto che difficilmente riuscirò a togliermi dalla testa. Il mio amico Redi non resiste nemmeno in questo caso alla tentazione di far decollare il suo drone facendo un filmato del locale e donandolo al proprietario: un cocktail a testa guadagnato per questa astuta mossa!
Impossibile riuscire a tornare a Valona in tempi utili per la cena; così ricarichiamo le moto ancora mezzi bagnati, ci rimettiamo in marcia e ci fermiamo in un ristorante costiero sulla via del ritorno. Di solito sono bravo a fiutare i locali spenna-turisti e per fortuna anche in questo caso ci siamo salvati e abbiamo mangiato dignitosamente una bella cena a base di pesce: antipasti, insalata di pesce, trancio di pesce spada, calamari, gamberi, vino e dolce… a poco meno di 20 € a testa. In un posto con vista sul mare. Direi che la leggenda che in Albania si spende poco anche a tavola è stata ampiamente verificata.
A questo punto torniamo alla base a Valona. Una doccia veloce, usciamo per una passeggiata sulla via marina. Conosciamo due ragazze e tre ragazzi, anche loro in vacanza in Albania. Una delle due ragazze lavora a Modena e parla molto bene dell’Italia. È incredibile notare quante gente dai 25 ai 40 anni parli così bene l’Italiano! L’amica di Redi conosciuta all’agriturismo a Tirana mi aveva spiegato il perché: fino alla fine della dittattura comunista di Hoxa, le televisioni trasmettevano solo i canali di propaganda del regime. Ma presto si scoprì che girando l’antenna della TV, soprattutto vicino alla costa, era possibile sintonizzarsi con i canali Rai e Mediaset. È così che i ragazzi della mia generazione sono cresciuti con i cartoni animati giapponesi, Non è la Rai e i quiz di Mike Bongiorno… ed è così che hanno imparato l’Italiano!
Verso Sud: parco di Llogara e Dhermi
Il mattino successivo ci rimettiamo subito in cammino, una veloce colazione, moto caricate e siamo già in viaggio, ancora in direzione Sud verso Himare. Ormai siamo entrambi diventati abbastanza esperti nel caricare i bagagli sulle moto razionalizzando gli spazi, lo potremmo fare a occhi chiusi!
Quindi ci muoviamo ancora in direzione sud e dopo un tratto abbastanza noioso di strada statale, il percorso inizia a diventare tortuoso. Una serie di curve e tornanti si susseguono, per la gioia di noi motociclisti. Entriamo in una zona circondata da boschi: siamo nel parco nazionale di Llogara.
Qui ci fermiamo a mangiare in uno dei tanti rifugi presenti in questa zona, caratterizzati da un menù abbastanza tradizionale. Quindi ci sediamo all’esterno, sotto l’ombra di un grosso albero. Accanto a noi una mega-tavolata, un’ intera famiglia albanese che attacca subito bottone nonappena ci sente parlare in italiano, raccontandoci delle loro esperienze di viaggi. Prendiamo un piatto di carne mista servito in una ciotola di terracotta, accompagnato da una birra rossa e, un po’ appesantiti, ripartiamo.
Usciti dalla zona boschiva, il panorama cambia: non siamo più circondati dagli alberi, lo sguardo si distende. Ad un certo punto la strada lievemente in salita scollina e apre la vista a un panorma semplicemente straordinario di tutta la costa: siamo arrivati al punto panoramico del parco nazionale di Llogara. Poco più avanti una serie di turisti fermi a fare foto e a godere di quella vista spettacolare. Ci uniamo a loro, anche per fermarci in uno dei chioschetti sulla strada per comprare l’adesivo ricordo della bandiera nazionale, un vero rituale per ogni motoviaggiatore che si rispetti.
Il panorama è così bello che rimaniamo sul posto fino al tramonto, ma siamo costretti poi a riprendere la marcia con l’intento di arrivare a Himare prima di sera, dato che le strade di montagna non sono così ben illuminate. Dopo un’altra piacevole serie di tornanti torniamo sul livello del mare, e facciamo sosta a Dhermi, un piccolo villaggio a circa 15 km dal punto panoramico di Llogara.
Come spesso accade, gli incontri inaspettati risultano essere quelli più belli. Dhermi è praticamente composta da un’unica strada sui cui sorgoo una serie di lidi, ristoranti e hotel. Ma forse per il suo essere piccola e isolata mi ha fatto sentire davvero come in un altro mondo, lontano da tutto il resto… Gli stabilimenti balneari sono aperti di sera, quando si trasformano in affollati cocktail bar. Mi è piaciuto particolarmente il Bamboo Beach Club, con ombrelloni di paglia e al centro il il bar con con una copertura in legno in stile Hawaiano. In spiaggia stringiamo amicizia con tre ragazze kosovare, alle quali abbiamo raccontato del nostro viaggio. Loro addirittura ci hanno detto che tornano ogni anno in questo posto, affascinate anche loro dalla bellezza raccolta e isolata di Dhermi.
Intanto si è fatta sera, noi eravamo bagnati ancora dall’acqua del mare e non avevamo alcuna intenzione di riprendere le moto e rimetterci in marcia per Himare. Anche perché, a dirla tutta, ci siamo fatti conquistare da questo luogo magico. Così ci mettiamo alla ricerca di un posto dove passare la notte e troviamo all’ultimo minuto un campeggio.
A meno che non si disponga di tenda al seguito non raccomando di certo di imitare la nostra incoscienza, noi avevamo voluto impostare il viaggio così, in stile “zingaresco” e così abbiamo fatto. Ma la fortuna ci ha premiati anche questa volta e quindi un tetto sulla testa l’abbiamo trovato.
Portiamo moto e bagagli in questo campeggio, pulito, illuminato e con tende molto spaziose, già attrezzate di tutto ciò che serve. Usciamo per cercare un ristorante e ci lasciamo ammaliare da uno con tavoli a bordo piscina, fiduciosi del basso costo dei ristoranti in Albania. Stavolta abbiamo speso un po’ di più rispetto alle cifre alle quali ci siamo abituati, ma il posto è splendido. Per una semplice frittura di pesce, con antipasto, vino bianco e dolce spendiamo circa 40€ a testa.
Usciti dal ristorante passeggiata sul lungomare e ci fermiamo a bere qualcosa al Bamboo beach club che è anche quello apparentemente più frequentato. Ammiro il mare, la grande luna piena e penso di non essere poi così lontano dall’Italia e dalla città di Bari da cui sono partito. Eppure mi sento così lontano, in questo posto riparato dalle alture del parco di Llogara… Mi perdo in questi pensieri e penso «lasciatemi in questo paradiso», ma anche questa volta arriva l’ora di tornare: dobbiamo recuperare un po’ di energie per il giorno dopo.
Meta finale: Saranda
Il mattino successivo colazione a base di uova e salsiccia, un po’ all’inglese, compresa nel prezzo del campeggio (10 euro senza prenotazione, compreso di tenda, servizi e colazione!) e ripartiamo. Con molto calma, ci dirigiamo verso Himare. Ci fermiamo solo per l’ora di pranzo in un ristorante di mare che ci era stato suggerito da una passante e decidiamo di rinunciare a visitare la città per proseguire verso Saranda, nostra meta finale (qualche rinuncia se si vuole viaggiare improvvisando “on the road” bisogna pur farla!).
Dopo varie soste lungo la strada raggiungiamo Saranda quando il sole è già calato. Anche qui senza aver ancora trovato un posto dove pernottare e lasciare le moto lontane da sguardi indiscreti. Una signora in un bar decide di aiutarci chiamando un suo parente che affitta una casa anche per brevissimi periodi: salvi anche questa volta!
Saranda si sviluppa su di una zona collinare e per arrivare in questa casa saliamo parecchio. Una volta arrivati, parcheggiamo le moto e dopo una breve doccia riscendiamo per andare a cenare e visitare la città. Siamo arrivati all’ultima notte in Albania.
Saranda si sviluppa attorno ad un’ampia baia a ferro di cavallo, lungo la quale si trovano la maggior parte dei locali e dei ristoranti. La sensazione che ho passeggiando per Saranda è quella di essere in un posto più turistico rispetto alla pittoresca Dhermi. Dopo aver ammirato la grande ruota panoramica all’inizio del percorso pedonale che costeggia la baia, ci fermiamo a mangiare in un ristorante a metà di questa. Ci fermiamo successivamente su un piazzale affacciato sul mare, dove ci sono una decina di ragazzi seduti in cerchio per terra e ci mettiamo a fare conversazione con loro. Sorpesa! Ritroviamo i tre ragazzi conosciuti a Valona, con cui ci fermiamo per raccontare dei posti visitati nei due giorni precedenti.
Dopo questo piacevole incontro torniamo a casa per prepararci alla giornata successiva, che probabilmente sarebbe stata quella più impegnativa, dato che dovremo rispettare tutte le tappe con precisione per non perdere il traghetto di ritorno da Valona, previsto per la sera.
L’ultimo giorno, non fa eccezione per quanto riguarda il caldo afoso. A metà strada, nonostante il pensiero della possibilità di perdere il traghetto non resistiamo alla tentazione di fare un’ultima sosta, per un bagno in una baietta trovata per caso guidando fra i tornanti della statale SH8 fra Himare e Dhermi. Un’acqua talmente cristallina e trasparente da farsi notare anche se osservata dall’alto con il casco in testa: impossibile non fermarsi!
Parcheggiamo le moto sul ciglio della strada e proseguiamo a piedi, per raggiungere questa caletta, facendoci largo fra i cespugli di macchia mediterranea. Ne è valsa la pena, una sosta improvvisata come quasi tutto il reto di questa vacanza, ha saputo regalarci un mare che difficilmente dimenticherò. La trasparenza dell’acqua è sorprendente, non voglio uscire da quel mare, non voglio abbandonare questa terra e voglio che la mia estate non finisca mai… ma dobbiamo andare a prendere il traghetto di ritorno!
Si sa, gli addii sono sempre difficili e l’Albania è una terra che ti conquista, a volte inaspettatamente, in quanto alcuni la considerano ancora una meta di ripiego. Ma quando la visiti ti fa innamorare per la sua semplicità, per il suo essere rimasta incontaminata dal turismo di massa e per l’accoglienza della sua gente. Magari non sarà ancora così conosciuta, ma forse è proprio per questo, per il fatto che non ci si aspetta tutta questa bellezza, che quando la visiti ti stupisce ancora di più e ti rimane dentro.