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#MaroccoInMoto: da Torino a Marrakech

Tempo di lettura: circa 10 minuti

Dopo mesi di attesa è finalmente arrivato il giorno: è il 21 aprile 2017, le nostre BMW R 1200 GS sono cariche e pronte al viaggio!

Giorno 0: l’imbarco a Savona

Ci troviamo a Moncalieri e imbocchiamo l’A6 Torino-Savona che ci porta in un batter d’occhio a Ceva. L’autostrada ci ha già stufato e per raggiungere il porto decidiamo di percorrere la bella strada provinciale che supera l’appennino ligure passando per Millesimo (attenzione agli autovelox).

Arrivare al porto è semplicissimo: basta seguire il fiume di motociclisti diretti in Corsica!

Siamo in largo anticipo e decidiamo di fare sosta al ristorante Lo Scugnizzo per dare commiato a cucina italiana e bevande alcoliche (ottima pizza, birra e caffè per circa 15€ a testa).

Finito di cenare, cominciamo ad aggirarci invano per gli svincoli del porto di Vado in cerca dell’imbarco Grimaldi Lines Marocco. Il sospetto di aver sbagliato qualcosa aleggia nelle comunicazioni via interfono, dopo un qualche giro a vuoto ci decidiamo a chiedere aiuto telefonico: è ufficiale, abbiamo sbagliato porto!

Verificate da dove parte il traghetto prima di andare in pizzeria!

L’imbarco si trova nel porto vecchio di Savona, a soli 10 minuti di strada (percorsi in un silenzio imbarazzante).

La coda al porto è lunghissima, i mezzi che vi troviamo rispecchiano lo stereotipo di vettura in viaggio per l’Africa: 4×4 attrezzatissimi, maxienduro mono e bicilindriche, monovolume cariche all’inverosimile e apparentemente non dotate di sospensioni.

Fortunatamente le moto hanno una corsia privilegiata: superiamo in fretta 4 controlli passaporti ed il check-in con verifica dei documenti per l’ingresso in Marocco, ma ci troviamo presto fermi ad aspettare il nostro turno per l’imbarco.

Parlando con altri viaggiatori che hanno già percorso la tratta Savona-Tangeri scopriamo che l’orario di arrivo non è alle 23,30 ma alle 6,30 del giorno successivo! La conferma arriva anche dal personale di Grimaldi Lines, siamo piuttosto contrariati per 2 motivi: è troppo tardi per annullare la prenotazione dell’albergo di Tangeri e le ore da passare in nave sono quasi 60 invece che 48!

Le operazioni di imbarco sono infinite e la partenza viene abbondantemente ritardata: all’1,30 di notte ci addormentiamo senza avere ancora mollato gli ormeggi.

Non fidatevi degli orari ed evitate di prenotare alberghi a Tangeri.

Giorno 0/2: il mare di noia

Il sussulto sincompato della nave ormeggiata ha lasciato il posto ad una vibrazione costante a cui speriamo di assuefarci presto.

Di notte la monotonia del rumore è rotta dal mio compagno di avventure che russa in modo indescrivibile (anzi a volte sembra un motosega acceso a strappo). Nessun regalo potrà mai essere più azzeccato dei tappi per le orecchie regalati da sua moglie!

La sveglia arriva dagli altoparlanti che avvisano l’imminente fine della colazione al self-service.

Si risparmia parecchio prepagando i pasti a bordo in fase di prenotazione, ma non aspettatevi novelle cuisine al self-service.

Il traghetto Cruise Smeralda è un ferro vecchio lungo 200 metri con una stazza da 30.000 tonnellate. L’arredo interno è tragicomicamente di ispirazione olimpo-oceanica: i nomi dei ponti sono legati alla mitologia greca, fregi e decori vari dovrebbero ricordare creature sottomarine. Il dubbio gusto abbonda ovunque e non si può che sorridere pensando all’epoca in cui questa nave solcava il Mar Egeo con la pretesa di essere lussuosa!

Fortunatamente il traghetto non è particolarmente affollato, ma le attrazioni sono davvero poche: passiamo la mattinata rileggendo le guide del Marocco e ripianificando tutto il percorso.

Dopo pranzo gli altoparlanti ci invitano a recarci al ponte superiore per ottenere il visto di ingresso sul Passaporto, dopodiché non rimane che darsi a passeggiate sui ponti, bere gli ultimi caffè decenti, leggere un sacco sui nostri ebook Kindle e aspettare la cena.

Dopo aver attraversato tutto il Golfo del Leone arriviamo a Barcellona, ma purtroppo siamo confinati a bordo e possiamo soltanto ammirare il distante skyline notturno.

Con l’arrivo della sera i ponti esterni si ricoprono di una scivolosa brina che provoca una brutta scivolata da una ripida scaletta: fortunatamente le protezioni della giacca REV’IT Sand di Paolo assorbono bene la botta.

Giorno 0/3: ozio no stop

Per tutta la giornata costeggiamo l’infinita costa Spagnola.

Siamo così stufi di navigare senza avere nulla da fare che quasi pensiamo di chiedere un lavoro in sala macchine o cucina. Qualche motociclista conosciuto al bar comincia a pensare di tornare dal Marocco in moto, sparandosi 2000km di autostrade… alternativa che ci sembra ancora meno emozionante.

La vicinanza con la costa spagnola ci permette di fare qualche telefonata in roaming senza spendere una fortuna con gli strozzini di TIM@Sea.

Oziamo al sole, in cabina, al bar… sentiamo la mancanza di un mazzo di carte e leggiamo per ore Marocco di De Amicis (io) e Tutto Sherlock Holmes in edizione integrale (Paolo).

Il cambio di personale a Barcellona ha provocato un peggioramento nella qualità del caffè e ripieghiamo sulla birra.

Andiamo a dormire presto con la sveglia puntata alle 6 in punto.

Non dimenticare mai un paio di mazzi di carte!

Giorno 1: l’Africa, la dogana e l’autostrada

Ci svegliamo poco prima che gli altoparlanti inizino ad intimare la liberazione delle camere. Indossiamo le nostre armature e ci prepariamo all’assalto del bar, dove iniziamo la giornata con l’ultimo espresso che berremo per settimane. Fuori è ancora buio ma secondo Google Maps ci stiamo avvicinando al Marocco.

Come sempre l’attesa è infinita, man mano che il giorno si fa avanti scopriamo di aver di nuovo sbagliato porto: convinti di arrivare a Tangeri città, ci ritroviamo a 20km più a Est, nel moderno porto di Tangeri Med. Poco male, l’autostrada parte proprio da lì.

Gli altoparlanti attaccano con la chiamata ai garage e un po’ tutti sbagliano qualcosa: chi la scala, chi il numero del garage. Il risultato è un bellissimo incastro di persone, valigie, cani e lingue diverse tra le ripide scale interne. Un marinaio prova invano a ripristinare un minimo d’ordine sussurrando «Voi vi fate male e poi ci tocca pagare» con un fortissimo accento campano.

Finalmente riusciamo a raggiungere il ponte 2, dove scopriamo che la maggior parte delle moto sono scese a Barcellona. Ricarichiamo i bagagli, sleghiamo le cime di sicurezza e facciamo la sauna spingendo in retromarcia gli oltre 250kg delle nostre R1200GS stracariche, con la difficoltà di dove superare delle grosse catene di fissaggio a terra.

Un ottimo inizio di giornata!

Finalmente usciamo dalle viscere arrugginite della Cruise Smeralda in un gruppo compatto di motociclisti. Superiamo il primo controllo passaporti sulla banchina di Tangeri Med e seguiamo un gruppo di milanesi inferociti all’ufficio Grimaldi Lines per chiedere il rimborso della notte in albergo “bruciata” a causa del ritardo. Ovviamente l’ufficio è chiuso ed il rimborso non arriverà mai.

Usciamo da questo modernissimo porto senza renderci conto di essere arrivati in un altro continente, ma l’impatto con la dogana ci fa riconsiderare tutto: un perfetto mix di disorganizzazione, dilettantismo e probabilmente sadismo si trasforma in un’attesa di 2 ore per ottenere l’approvazione all’importazione temporanea delle moto.

Tutte le mie precedenti esperienze di attraversamento dogane sono consistite in una semplice coda con controllo finale dei documenti ed eventuale controllo del mezzo… In Marocco l’esperienza è incredibile: le postazioni destinate ai poliziotti sono vuote, mentre drappelli di agenti vagano per il piazzale dando informazioni discordanti.

Prima veniamo raggruppati davanti ad un gabbiotto, poi veniamo spostati in una fila ordinata accanto alle auto. Ad un certo punto scatta il panico perché metà dei presenti non è arrivato in Marocco con il modulo 16-ter compilato anticipatamente e compaiono personaggi non meglio identificati con plichi di moduli in carta copiativa gialla, che tutti si ostinano a chiamare “carta verde”.

Veniamo fatti spostare verso destra; l’agente della corsia di destra ci vede arrivare e ci rimanda nella corsia di sinistra. A sinistra, pur di non far scattare l’ammutinamento e conseguente assalto alla frontiera, ci fanno passare oltre e parcheggiare davanti ad un muro di cinta con la promessa di timbrare tutti i moduli assieme per sveltire le operazioni.

Nel frattempo, un gruppo di giovani accattoni in ciabatte continua a scavalcare il suddetto muro per correre ad elemosinare dagli autisti di auto e carvan. La polizia fa finta di respingerli con scarsissimo successo.

A forza di fare gli occhi dolci ai poliziotti, qualcuno arriva a ritirare i moduli di importazione. Viene fatto l’appello e finalmente sui nostri 16-ter viene copiato il numero di visto rilasciato in traghetto. A questo punto veniamo spediti a fare la coda davanti ad un ufficio chiuso per attendere la Seconda Apparizione dei nostri moduli, questa volta timbrati.

Dopo 30 minuti, realizzata la presa per i fondelli, torniamo alle moto per scoprire che i fogli sono tutti timbrati e possiamo finalmente entrare in Marocco.

Si salvi chi può!

500 metri dopo la dogana troviamo un piccolo “villaggio” di prefabbricati dove possiamo stipulare l’assicurazione RC temporanea e cambiare i primi 200€ in Dirham.

Finalmente prendiamo l’autostrada A4 e i boxer sono liberi di frullare un po’ liberamente.

Il panorama ricorda molto la sardegna in primavera: colli verdi punteggiati di pecore e pastori, quasi tutti indossano una veste rossa ed un cappello conico che ricorda quello dei cinesi in risaia. Di certo non il paesaggio che ci aspettavamo di vedere in Africa!

Superiamo gruppi di motocclisti con cui abbiamo condiviso la noia del traghetto e raggiungiamo le coste dell’Oceano Atlantico. L’autostrada diventa A1 e acceleriamo in direzione Rabat.

Le similitudini con la Sardegna aumentano mentre il paesaggio si popola di querce da sughero, oleandri, eucaliptus e macchia mediterranea non identificata. Spiaccichiamo milioni di moscerini passando vicino agli stagni della riserva naturale di Merdja Zenga, dove avvistiamo diversi fenicotteri e aironi bianchi.

Con il primo pieno scopriamo che un litro di benzina costa meno di 11 Dirham (circa 1€) e che negli “autogrill” locali servono tajine di terraccotta fumanti. L’asfalto è perfetto e ci muoviamo verso sud ad una media poco superiore al limite massimo di 120 km/h.

Stranamente l’autostrada è luogo di passaggio di un sacco di gente a piedi: c’è chi attraversa le 4/6 corsie, chi fa jogging con le cuffie, un sacco di operai che apparentemente raccolgono cartacce dai bordi della strada. Ci imbattiamo anche in un camion che fa inversione di marcia approfittando di uno sterrato tra le corsie.

A Rabat paghiamo il primo di una lunga serie di pedaggi (per un totale di 225dh per circa 600km di autostrada). La periferia della città ricorda un enorme formicaio bianco e rosso; i palazzoni sembrano molto recenti e sono tutti simili tra loro.

Superata la tangenziale e lo spettacolare Ponte Mohammed VI decidiamo di fermarci per un sosta di rifornimento moto e stomaci, ma ovviamente tutte le aree di servizio che incrociamo offrono McDonald e Burger King. Quando finalmente troviamo un “autogrill locale” divoriamo dei panini e, in barba a tutte le raccomandazioni, insalate (la cura a preventiva a base di fermenti lattici ha funzionato egregiamente).

Casablanca assomiglia ad un altro grande formicaio, finalmente cominciamo a vedere indicazioni per la nostra meta: Marrakech!

Sull’autostrada A7 il paesaggio comincia a cambiare colore e virare verso il rosso acceso che contraddistingue il Marocco. Gli ultimi 100km ci lasciano a bocca aperta per il contrasto fortissimo tra la terra rosso fuoco e le coltivazioni verde smeraldo o giallo oro dei campi di grano.

Poco prima di arrivare nella città di Marrakech le guglie nere del Djebel Salrhef aggiungono un nuovo colore alla tavolozza marocchina.

L’ingresso alla città ci lascia subito una bella impressione: gli edifici sono rossi come la terra che li accoglie, parchi e aiuole sono curati e coloratissimi.

Seguiamo le indicazioni di Google Maps per il Riad Riva dove ci sta aspettando Stefania, giunta qualche ora prima in aereo: finiamo in piena medina circondati da una nuvola di motorini, persone, asini, biciclette, carretti. La guida è davvero difficoltosa e in alcuni passaggi le borse laterali rischiano di toccare muri e bancarelle… un video dice più di mille parole:

Stefania sente arrivare il sordo rombo dei nostri boxer e viene a prenderci all’ingresso del Riad, ma c’è un problema: l’accesso alla medina è vietatissimo e dobbiamo subito portare via le moto.

Il proprietario ci scorta ad un parcheggio custodito dove possiamo lasciare le moto al sicuro per i due giorni in cui staremo qui.

Il viaggio prosegue nella seconda parte: da Marrakech al deserto roccioso dell’Alto Atlante

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Gabriele

In sella alla mia BMW R 1200 GS attraverso il traffico torinese, mi godo i tornanti delle alpi nord-occidentali e vado alla scoperta del mondo accompagnato da mia moglie Stefania.

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